Come fare il backtest di una strategia di trading

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Ciao ragazzi, ciao da Andrea Unger! Oggi parliamo di come fare il backtest di una strategia di trading e della lunghezza dello storico da utilizzare a seconda dei mercati sui quali andiamo a lavorare.

Trascrizione

Capita spesso che mi venga chiesto come sia meglio comportarsi, a livello di storico, quando si sviluppa una strategia e se ne esegue il backtest. In particolare, la domanda principale è se sia o meno il caso di prendere in considerazione le performance datate.

A livello di buon senso, si potrebbe fare riferimento a quanti più dati possibili, in modo da avere una casistica maggiore. Ma è davvero la scelta migliore? Ci sono dati ai quali dovremmo badare di più rispetto ad altri? Una strategia che magari guadagna tutto negli ultimi 12 mesi, però prima vacillava, va bene oppure no?

Per rispondere a queste e ad altre domande simili è necessario fare una serie di considerazioni. Infatti, la parola chiave in questo caso è “dipende".

Quanti e quali dati per azionario e indici

La regola generale da tenere sempre a mente è che è buona norma avere un set di dati che copra fasi di mercato che siano tra loro più diverse possibile. Quindi fase di mercato toro, fase di mercato orso, fase laterale, fase ad alta velocità o disordine, fasi di calma piatta, ecc. Avere tutto questo insieme è sicuramente meglio, in quanto permette di testare il modello di trading su quanti più casi possibile e, quindi, dovrebbe essere pronto a fronteggiare anche un caso futuro il quale dovrebbe ricadere nella casistica che si è realizzata o che si ipotizza.

Come dicevo, a parte la regola generale, la durata dello storico dipende da vari aspetti. Il principale è il tipo di mercato sul quale operiamo.

Per quanto riguarda il mercato azionario, in genere si dice che bisogna avere il mercato rialzista. Ce l’abbiamo avuto per anni e anni, anche perché l’azionario è storicamente rialzista. Ciononostante, è bene essere pronti nelle fasi di burrasca.

Queste fasi burrascose, purtroppo, sono sempre state molto diverse tra loro. Per esempio, la discesa verificatasi nel 2001/2002 ha portato conseguenze sulle strategie a mio avviso molto diverse rispetto a quella del 2008, e ancora diverse rispetto alle fasi di sbandamento dell’agosto 2015 o a quelle di febbraio 2018 o di fine 2018. Insomma, ogni fase ha in qualche maniera portato con sé delle novità Novità a livello di reazione dei mercati durante e, ancora più importante, dopo la fase di turbolenza.

Bisogna verificare un po’ tutto e cercare di capire le differenze che si sono create e perché si sono create. E questo non è affatto semplice.

Prendiamo ad esempio l’e-Mini S&P 500, dove si può notare un cambiamento temporaneo delle caratteristiche del mercato dopo fasi di elevata turbolenza. Parlo non tanto della fase di discesa prolungata del mercato, ma proprio degli shock, degli spaventi che si possono prendere (quindi no 2008, ma sì fine agosto 2015 e 2018). In queste fasi, l’e-Mini S&P 500, che è tipicamente mean reverting, per un po’ di tempo cambia le proprie caratteristiche diventando trend following.

Il backtest nei periodi turbolenti

La ragione di questo comportamento è difficilmente identificabile osservando i dati delle strategie nude e crude. Al contrario, è possibile intuire il motivo stando a mercato e guardando il book di contrattazione.

Rispetto ai 300, 400, 800 o 900 contratti per ogni livello del book, nei momenti di grosso dubbio si trovano 30 o 40 contratti, che ovviamente sono molti di meno. Di conseguenza, essi offrono una minor resistenza per ogni ingresso a mercato, e gli ingressi su questo mercato sono piuttosto grossi.

Se entriamo con 500 contratti quando ce ne sono 900 non muoviamo niente, ma se ce ne sono 30 il nostro ingresso porterà via N livelli del book, andando quindi a spostare il mercato (spostare nel senso che assorbiamo liquidità su più livelli e muoviamo i prezzi).

Ovviamente, in quel caso il trend following di breakout funziona molto meglio, poiché viene spazzato via tutto e si verifica una rincorsa al prezzo. Poi, man mano che il mercato si rimette in sesto, riacquista la propria identità di mercato grosso e stabile. A quel punto, rientrano i grossi player (quelli che possono permettersi di fermarsi durante tali fasi) e con loro arrivano i volumi. Così si ristabilizza tutto e il mercato torna a riflettere le sue solite caratteristiche solide. Magari l’efficacia è minore per un po’, ma comunque si riprende.

Questo comportamento, che riguarda l’e-Mini S&P 500, rispecchia molti altri mercati.

Quanti e quali dati per le Commodities

Veniamo ora al backtest nelle commodities, dove, a mio avviso, fare riferimento a dati troppo vecchi è un errore. I dati delle commodities sono disponibili a partire dal 2008 e alcuni sviluppatori prendono anche daily precedenti su Crude Oil, Gold, Granaglie, ecc. e sviluppano da lì.

Di solito, vuoi per come si muoveva il mercato allora, vuoi per la qualità dei dati non sempre ottimale, nel 2008/2009 questi mercati mostravano performance da capogiro. Il motivo risiede probabilmente nel fatto che tali mercati sono diventati elettronici tra il 2007 e il 2009. Quelli, quindi, erano i primi anni in cui il mercato elettronico lavorava prima in parallelo con i mercati alle grida e poi in esclusiva.

Era un mondo nuovo, un periodo che, ovviamente, non si ripeterà più. Fare riferimento a quei primi anni di assestamento e di verifica di come funzionava il tutto, non porta quindi alcun beneficio. Vedere le performance di una strategia in quel periodo non ci serve, perché a prescindere dalla qualità dei risultati, quegli anni non sono rappresentativi.

Per queste ragioni, quando sviluppo sulle commodities sono solito partire sempre dal 2010, in intraday ovviamente. Infatti, non credo che i dati precedenti abbiano alcun significato, se non magari vedere delle cose che non torneranno.

Molti di questi mercati, nel frattempo, hanno anche cambiato le proprie caratteristiche. Nel corso degli anni sono diventati più efficienti, rispondendo sempre peggio alle classiche logiche di breakout e trend-following.

Nel 2011-2012 la Soia ha cominciato a vacillare vistosamente, mentre nel 2018 il Gold ha mostrato un cambio di comportamento. Poi, tornano le fasi. A inizio 2019 il Gold si è mosso bene in trend-following, e questo perché il trend sul mercato è accentuato, facendo muovere tutto. Tuttavia, le classiche risposte all’input specifico “compra a rottura se” a volte cambiano, quindi bisogna essere consapevoli di ciò e sapere in che direzione si vuole andare a sviluppare.

Bisogna essere coscienti che, in certi casi, le cose viste fino ad una certa data non torneranno mai più. In questi casi, infatti, la natura stessa del mercato è cambiata a causa del diverso livello di partecipazione.

Gli ultimi 12 mesi

Se prendere dati troppo vecchi non è la soluzione migliore, non possiamo nemmeno pensare di poterci fidare dei risultati degli ultimi 12 mesi. 12 mesi, infatti, non possono rappresentare appieno il comportamento di un mercato.

Può verificarsi un cambio di comportamento e quei 12 mesi possono rispecchiare tutto ciò che verrà, tuttavia essi non possono essere sufficienti. A mio parere, servono più dati per riuscire a capire se il cambiamento c’è stato. Non possiamo fidarci di un’equity che è sempre stata in discesa e negli ultimi 12 mesi è salita. Un sistema basato su questi risultati può essere messo in macchina solo dopo aver ottenuto delle conferme che quello che è successo negli ultimi 12 mesi rappresenta effettivamente il comportamento del mercato.

In conclusione

In generale, il mio consiglio per quanto riguarda i dati storici nel backtest è fare riferimento a più fasi possibile nella nostra analisi.

Per quanto riguarda le commodity, è meglio non prendere in considerazione dati precedenti il 2010. Inoltre, fate attenzione ad alcune commodities come Soybeans e Gold, che nel tempo hanno perso le caratteristiche trend-following che li caratterizzavano fortemente.

Durante il backtest su altri mercati cercate di coprire più fasi possibile e di capire, eventualmente, come e perché la reazione di quel mercato sia cambiata in certi momenti. Se non avete i dati di cosa succedeva sul mercato in quei momenti, potete solo immaginare o chiedere a chi magari lo sa, e vedere se ci sono delle corrispondenze. Andate a vedere e traete le vostre conclusioni.

Un’altra cosa da tenere sempre a mente è che quantità non è sinonimo di qualità. Infatti, la quantità è un miscuglio di informazioni che non sempre sono buone per il futuro.

In passato, ho paragonato il trading alla maratona. Se guardate i tempi con cui correvate quando avevate 20 anni e ora ne avete 50, ovviamente non potete più fare riferimento a quei tempi. Il vostro fisico e la sua risposta sono cambiati, quindi dovete guardare alla vostra condizione attuale. Ovviamente le tecniche e il processo di allenamento non cambiano, ma la risposta del vostro corpo sì.

Lo stesso accade per i mercati. Bisogna analizzare le casistiche cercando di averne il più possibile e escludere tutto quello che non ci serve. Io, ad esempio, ho i dati delle commodities prima del 2010 ma non li uso mai. Quando sviluppo una strategia parto dall’1/1/2010. Nel caso di altri mercati, come ad esempio il Live Cattle, che sono diventati di moda più tardi, utilizzo date ancora più vicine, perché oggi quel mercato è effettivamente rappresentato da dati più recenti.

Per quanto riguarda le valute sul Forex, queste possono essere diverse. Bene o male, questo mercato è rimasto lo stesso negli anni, tuttavia, anche in questo caso, bisogna essere consapevoli del livello di volatilità sui vari mercati, che chiaramente comporta un cambiamento nel tipo di strategia che si può tradare in questi casi.

In linea di massima, meglio di più ma non troppo, questo è il mio personalissimo pensiero a proposito dei dati da prendere in considerazione quando si esegue il backtest di una strategia.

Alla prossima,

Ciao da Andrea Unger!

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Andrea Unger

Andrea Unger

Ciao, sono Andrea Unger, Trader professionista dal 2001 e unico a vincere per ben 4 volte il Campionato del Mondo di Trading con denaro reale.

Grazie a questi risultati sono spesso invitato come relatore in convegni in Europa, Stati Uniti e Asia. 

Sono inoltre autore di diversi libri, tra cui il primo in Italiano sulla Gestione del Rischio nel Trading, tradotto anche in Cinese e Inglese.

Metto a disposizione decenni di esperienza, di prove, di vittorie e sconfitte con le quali ho ideato un metodo scientifico, sistematico, replicabile e universale con cui, in soli 4 anni, più di 1.000 trader sono riusciti a rendersi autonomi.

Devi sapere infatti che gli studi dimostrano che solo il 25% dei trader guadagna, ma di questi ben il 90% lo fa con il trading sistematico...

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