Piramidare e scaglionare uscite

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Ciao ragazzi, ciao da Andrea Unger! Oggi parleremo di scaling in, scaling out, piramidare una posizione e chi più ne ha più ne metta.

Trascrizione

Mi è stato chiesto perché, in uno dei miei video, ho parlato dei pericoli dovuti alla scelta poco azzeccata di mediare al ribasso. In tale occasione, ho spiegato che questa tecnica è sbagliata a livello non solo psicologico, perché implica il rifiuto della perdita, ma anche operativo, perché comporta un’esposizione sempre maggiore su un asset evidentemente debole, che scende e via dicendo.

Mi è stato quindi chiesto cosa penso della tecnica opposta, che consiste nel piramidare al rialzo. A questo proposito, vorrei parlare anche delle uscite scaglionate.

Personalmente, ritengo che dal punto di vista sistematico il concetto di piramidare una posizione sia un po’ ostico da gestire. Mi spiego meglio. Se prendessimo un sistema base che entra oggi e sta in posizione per 10 anni (caso estremo, ovviamente) e lo confrontassimo con un sistema che ogni anno incrementa la posizione perché ci sono dei segnali positivi, è chiaro che il secondo guadagnerebbe di più perché espone di più.

Se però decidessimo di esporci in maniera proporzionata oggi, oppure se aumentassimo man mano nella posizione, il sistema che entrerebbe oggi vincerebbe sempre, perché chiaramente guadagnerebbe di più sull'escursione più ampia.

Il discorso di entrare successivamente su una posizione forte si potrebbe considerare come una questione di position sizing. Supponendo di operare con un conto da 10.000€, quando apriamo una posizione oggi su un’azione, un lotto Forex o qualsiasi altro strumento, possiamo limitarla stabilendo come stop loss, ossia come perdita accettabile, il 2% del nostro conto.

Quindi entriamo con un lotto e se veniamo stoppati perdiamo il 2%, perché questo è il nostro profilo di rischio. Se la posizione va nella direzione sperata, tra un mese avremo più soldi, anche se virtuali, essendo la posizione ancora aperta. Quindi in quel momento il nostro capitale sarà cresciuto.

Potrebbe succedere che la crescita ottenuta in questo frangente sia tale da permetterci una posizione più grossa. Fermo restando il nostro 2% di rischio, possiamo spostare lo stop loss più in alto per un qualsiasi motivo.

Come sapete, non sono un grande fan di questa tecnica, soprattutto sulle posizioni di breve termine. Su una posizione di lungo termine, comunque, essa risulta molto più logica. Infatti, è ovvio che, prima o dopo, su una posizione di 10 anni dovremo adattare lo stop. Non possiamo lasciarlo dov'era all'inizio, dato che grazie ai guadagni accumulati dalla posizione aperta il nostro capitale è aumentato. Quindi, sempre ragionando in termini percentuali sul nuovo capitale, avremo la possibilità di aggiungere un contratto alla nostra posizione, mantenendo inalterato il nostro profilo di rischio.

In questo caso avrebbe senso adottare questo approccio, che potremmo definire anti martingala, sempre tenendo presenti i livelli a cui chiudere la posizione qualora ci andasse contro. Si tratta sempre di quel tipo di rischio che dobbiamo arginare, in un certo senso, e questo, andando avanti mese dopo mese per i 10 anni ipotizzati, è chiaramente una possibilità che ci porterebbe a quel pyramiding, a quell'incremento della posizione, a quel gamma, che ci darebbe ragione.

Ma come ragioniamo se vogliamo piramidare una posizione? Il ragionamento che ho appena fatto si basa sul position sizing, non sulla forza della posizione. Infatti, il motivo per cui aumentiamo l’esposizione non è che crediamo nel movimento perché la posizione sta andando forte in quella direzione.

Abbiamo ragionato esclusivamente sul rischio, chiedendoci cosa succederebbe se dovessimo chiudere la posizione in perdita. Quanto perderemmo rispetto a quello che abbiamo in questo momento? Se perdiamo meno del 2%, che è la percentuale massima di capitale che siamo disposti a perdere, allora siamo tranquilli. Se invece ci esponiamo maggiormente solo perché la posizione si dimostra forte e perdiamo, ad esempio, il 10%, allora non va bene.

È chiaro che quando una posizione sale con un contratto, noi aggiungiamo un altro contratto e poi questa scende, la discesa pesa il doppio, dato che abbiamo due contratti. Di conseguenza, dobbiamo stare molto attenti che questa successiva esposizione non vada a rimangiarsi tutto al primo storno.

Se decidiamo di incrementare l’esposizione, dobbiamo quindi calcolare con attenzione i livelli chiave ai quali eventualmente chiudere la posizione.

Da questo punto di vista non ho nulla contro la tecnica del piramidare o anti martingala. La giudico scellerata solo quando si ragiona sui soldi a disposizione intendendoli come margine, ossia decidendo di investire al massimo perché si crede nella posizione.

Cosa succede se la posizione non va nella direzione sperata? Ogni volta che aumentate l’esposizione, le perdite diventano sempre maggiori, quindi anche il pericolo è molto maggiore.

È un po’ come andare in bicicletta in salita: quando vi girate in discesa andate molto più forte che in piano. Mi sembra un ragionamento ovvio.

Chiaramente, si tratta di un approccio difficilmente applicabile al tipo di trading che faccio. Infatti, le mie posizioni non durano anni, bensì pochi giorni. In 3, 4 o 5 giorni è difficile che si verifichino movimenti tali che l’incidenza del contratto in più o in meno possa addirittura portare ad un aumento di qualche unità.

Basta fare due conti per vedere che, su orizzonti temporali brevi non è così semplice. Su tempi più lunghi, invece, potrebbe accadere.

Questo si verifica, però, quando si fanno i conti sui margini. Ovviamente in quel caso si lavora al massimo della leva, quindi il rischio di farsi male è davvero alto. Se siete interessati ad una visione dell’anti martingala realista, potremmo parlarne in un altro post o video, quindi fatemelo sapere nei commenti.

Se ne parla spesso nella gestione della posizione; per esempio, si parla di chiusura di un terzo per coprire i costi, di un terzo break even, ecc.

Da un certo punto di vista, scaglionare le uscite è sicuramente un argomento interessante. Se farlo vi permette di dormire tranquilli la notte fatelo pure, ma non cadete nell'illusione di credere che sia la panacea a tutti i mali.

Uscire scaglionando le uscite, e quindi suddividendo il bottino iniziale, ha una funzione per lo più puramente psicologica.

Ragioniamo in termini matematici. Supponiamo di avere una posizione iniziale con 6 contratti aperti e di decidere di uscire chiudendo i contratti in 4 punti diversi (1+1+2+2). Così facendo, è come se avessimo tradato 4 sistemi diversi con uscite diverse.

Ora, se andassimo a fare il backtest di questi 4 sistemi (cosa che suggerisco sempre di fare), vi accorgereste che quello con l’uscita stop o col trailing stabilito inizialmente con tutta la posizione avrebbe reso di più di tutto lo scaglionamento, nel lungo termine.

È chiaro che, una volta che crolla tutto e sono uscito, questo tipo di scaglionamento dell’uscita può portare dei piccoli benefici, ma sicuramente non è la soluzione, e anzi porta ad un rendimento finale peggiore.

In genere, scaglionare le uscite apporta, sostanzialmente, benefici di tipo psicologico. Applicando questa tecnica si ha la sensazione di assicurarsi parte dei profitti e di padroneggiare la posizione. Se questo vi fa stare bene fatelo, perché è importantissimo sentirsi a proprio agio. Ricordate però che alla fine, a livello di portafoglio, non porta i benefici che qualcuno a volte racconta.

Nel trading sistematico piramidare una posizione è più difficile, perché le posizioni non durano anni ma solo pochi giorni, un lasso di tempo in cui difficilmente si verificano movimenti tali che l’incidenza del contratto in più o in meno possa portare un aumento di una qualche unità.

Per oggi è tutto, fatemi sapere la vostra opinione sul piramidare, sull'anti martingala e sullo scaling out nei commenti!

Alla prossima volta,

Ciao da Andrea Unger!

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Andrea Unger

Andrea Unger

Ciao, sono Andrea Unger, Trader professionista dal 2001 e unico a vincere per ben 4 volte il Campionato del Mondo di Trading con denaro reale.

Grazie a questi risultati sono spesso invitato come relatore in convegni in Europa, Stati Uniti e Asia. 

Sono inoltre autore di diversi libri, tra cui il primo in Italiano sulla Gestione del Rischio nel Trading, tradotto anche in Cinese e Inglese.

Metto a disposizione decenni di esperienza, di prove, di vittorie e sconfitte con le quali ho ideato un metodo scientifico, sistematico, replicabile e universale con cui, in soli 4 anni, più di 1.000 trader sono riusciti a rendersi autonomi.

Devi sapere infatti che gli studi dimostrano che solo il 25% dei trader guadagna, ma di questi ben il 90% lo fa con il trading sistematico...

Come mai allora i formatori insegnano quasi sempre solo il trading discrezionale? 

Non ti insegno a diventare ricco in poco tempo, ti insegno una professione che, con il duro lavoro, la passione, e sufficienti capitali potrebbe diventare la tua principale fonte di reddito.