Introduzione
Andrea
Ciao a tutti, ciao da Andrea Unger. Oggi siamo qui con un ospite perché, vivendo nel mondo del trading da anni ed essendo questo ormai (anzi, da sempre per quello che riguarda il sottoscritto) internazionale, si parla tanto anche di operatività all’estero, dall’estero, quindi con conti esteri. Spesso parecchi partecipanti al mondo Unger Academy chiedono lumi su quello che riguarda l’aspetto più noioso di tutta la faccenda: la fantomatica dichiarazione dei redditi e via dicendo.
Ecco, ci sono due ostacoli, primo capire come si fa e secondo anche cosa comporti fare eventuali errori o… C’è anche chi fa il furbo, diciamolo pure! Non riguarda noi ma qualche volta c’è chi tenta di eludere questa cosa. Allora, abbiamo pensato bene di rivolgerci a un esperto che è qui con noi oggi. Esperto sia in materia fiscale ma anche in materia legale in quanto avvocato, ed è con noi Carlo Alberto Micheli. Benvenuto, ciao!
Avv. Micheli
Grazie Andrea per avermi ospitato. Io sono Carlo Alberto Micheli, avvocato e dottore commercialista. Ho anch’io un canale Youtube dove pubblico notizie inerenti a questa tematica e mi fa piacere fare una chiacchierata con te perché questi aspetti fiscali spesso sono visti un po’ con sospetto, con paura, e invece capire negli aspetti base quello che dobbiamo fare a volte è anche indice di tranquillizzazione proprio per le persone. Quindi le persone riescono a dire “Ok, ho capito, sono più sereno, sono più tranquillo” e affronto quello che poi ogni giorno tutti dobbiamo fare e con cui tutti dobbiamo fare i conti, che è appunto la dichiarazione dei nostri guadagni, dei nostri redditi. Quindi oggi metteremo un po’ chiarezza a questi aspetti.
Andrea
Per quanto possa apparire stupido io più dell’eventuale sanzione per qualche errore, temo proprio il casino che genera o che possa generare quell’errore nella comunicazione con l’Agenzia delle Entrate, per come sono fatto io poi. Ovviamente, poi la sanzione non è mai una parte piacevole se dovesse capitare. Addirittura una volta mi hanno restituito 155€. Mi hanno scritto una lettera che già quando arriva…no? E invece no, guarda, diceva ti dobbiamo dare 155€ indietro. Quindi, non sono così cattivi come a volte li si dipinge.
Avv. Micheli
No, no. Allora, diciamo che esistono tipologie di errori e tipologie di altri errori. Esistono quelli che vengono chiamati errori formali, e un semplice errore formale non comporta un dover pagare in più o in meno l’imposta. Quindi questo errore formale generalmente non è sanzionato. È sanzionato quell’errore che ti fa pagare meno imposte di quella dovuta. Ecco, quindi in caso in cui fosse fatto un errore di calcolo dal quale poi scaturisce una minore imposta da pagare allora in quel caso, quando vengono fatti i controlli, ti viene fatta pagare la differenza d’imposta più le sanzioni. Quindi, questa cosa qui avviene. Poi, le sanzioni e il quantum delle sanzioni dipende dal fatto se te paghi subito, se fai ricorso oppure no. Quindi ci sono varie formule.
Invece ti dico una cosa: qualora tu invece pagassi di più, difficilmente ti dicono qualcosa, stanno tutti zitti, se li tengono. Però a volte può capitare che te li ridanno indietro se…Sai quando capita? Quando fanno i controlli formali i computer. Allora, siccome la prima fase dei controlli è quella fatta dai computer e se il computer verifica che è stata liquidata un’imposta in più, ti arriva una lettera in automatico. Se invece verifica un operatore non è detto!
Andrea
Ecco il computer, sapendo che faccio trading automatico mi ha preso in simpatia e dice vabbè, facciamogli un po’ un favore. Dicevi che hai un tuo canale YouTube, e lo metteremo poi in descrizione perché effettivamente io ti ho scoperto su YouTube. Ho seguito diversi interventi con interesse, proprio perché trovavo delle risposte alle volte magari anche a quesiti banali per chi bazzica nel tuo mestiere, ma non banali per chi invece ha questa incombenza oltre all’attività che fa.
Come tu sai, io e tutti quelli che gravitano attorno alla Unger Academy, ci occupiamo di trading automatico sui mercati prevalentemente esteri e normalmente operiamo con un conto all’estero, in particolare con il broker Interactive Brokers, che recentemente è andato in Irlanda dall’Inghilterra (ma comunque estero). Nell’ultimo periodo si è aggiunto anche il mondo crypto, che ha aggiunto confusione anche perché è una materia in continua evoluzione.
Distinzione tra quadro RW e quadro RT
Andrea
Però prima di tutto, io quello che vorrei dire, ho notato quando trovo articoli sul web generici una gran confusione per quello che riguarda la distinzione fra quadro RW e RT. Spesso si parla di RW come “quello che serve a pagare le tasse”, il nocciolo della questione. Invece non è così, o per lo meno spero che non sia così, perché io ho sempre fatto entrambi.
Avv. Micheli
Allora, sono 2 quadri diversi di dichiarazione. Generalmente si parla di più del quadro RW e un pochino meno del quadro RT, perché in realtà servono entrambi per pagare le tasse, però dove le tasse sono calcolate alla fine è nel quadro RT. Quello è il quadro di calcolo.
Allora il quadro… Cerchiamo di dare una definizione più semplice. Il quadro RW è quel quadro nel quale si vanno a indicare i possessi di attività estere o di natura estera. Quindi. Se io ho degli immobili all’estero, se io ho delle partecipazioni sociali all’estero, se io ho dei conti correnti all’estero, se io ho delle piattaforme di trading come in questo caso Interactive Brokers, ma possono essere anche quelle più commerciali che conosciamo da DEGIRO a eToro ecc. Se io faccio peer-to-peer, Bondora, Mintos, questa roba qua… Se io faccio le monete virtuali… Sono tutte attività estere oppure attività di natura estera. La differenza è che “estere” sono localizzate all’estero, di natura estera non è detto che siano localizzate all’estero. Basti pensare alle monete virtuali in alcune loro accezioni.
Nel quadro RW, secondo le regole disciplinate nelle istruzioni della dichiarazione, io vado ad indicare il possesso di queste attività. Per quanto riguarda i conti correnti, già nel quadro RW io trovo un’imposta che si chiama IVAFE la quale è calcolata all’interno del quadro RW. Mentre per quanto riguarda casi come le plusvalenze, quindi cessioni di partecipazioni all’estero, oppure plusvalenze derivanti dal Forex, oppure prelievi derivanti dalle monete virtuali, questi valori (i prelievi che io ho fatto) li vado ad indicare nel quadro RT. Nell’RW andrò a indicare il possesso e la loro valorizzazione, nel quadro RT i redditi derivati da quelle attività.
Poi il quadro RT è riepilogativo. Mentre nel quadro RW ci sono tanti righi che corrispondono alle tante attività, poi tutti i calcoli di queste attività si sommano nel quadro RT, sostanzialmente in un unico rigo. La differenza è questa: la RW indica quali sono le mie attività e non è detto che queste attività producano un reddito. Indipendentemente dal fatto se producono reddito o no: io dichiaro il possesso di monete virtuali indipendentemente dall’aver generato dei prelievi assoggettati a tassazione 26%. Dichiaro l’immobile all’estero indipendentemente dal fatto che sia locato, ecc. Io dichiaro di averli. Nell’ RW io metto i redditi di natura estera o esteri che sono suscettibili di produrre un reddito imponibile. Li devo indicare, li devo dichiarare perché lo Stato… Perché questa è la legge e quindi è così che si fa, io non mi esprimo se è corretto o non è corretto, così chiede e così facciamo.
Andrea
Quindi nel nostro caso, il conto Interactive Brokers, il conto Binance per intenderci e, (questo sembra una cosa dell’ultima ora), anche eventuali criptovalute che si hanno anche sull’hard wallet, quindi anche sul giocattolino che si tiene nel cassetto di casa, no?
Avv. Micheli
Allora, dell’ultima ora, l’interpello 788 del 2021 che aveva ad oggetto le chiavi private dice sì, vanno dichiarate anche quelle. In realtà ci si arrivava a questa cosa. Io, in tempi non sospetti (quindi un anno fa) dicevo: ragazzi, le chiavi private vanno dichiarate perché comunque sono attività di natura estera, c’è una circolare del 2013 che spiega la loro natura.
Perché vanno dichiarate? Perché comunque le valute virtuali operano in una norma dove c’è un concetto di giacenza e come fai a valorizzarle se non le dichiari? Cioè, sostanzialmente ti complichi la vita, crei e nascondi dei redditi che non ha senso nascondere (a meno che tu non sia un criminale, ma se sei un criminale non te ne frega niente di fare dichiarazioni, quindi non le fai e basta) e quindi generi confusione inutile, che poi dopo dovrai tu giustificare in caso di verifica fiscale. Perché, non pensate che in caso di verifica fiscale non vi fanno i conti, eh?
Voi dovete portare tutti i report. Dovete portare tutti i report, fare i conteggi e dare spiegazioni di quello che avete fatto. Perché se lasciate fare i conti agli altri, poi fanno come gli pare. Quindi, io non farei mai fare i conti agli altri anzi, nell’ultima verifica fiscale ad oggetto monete virtuali che abbiamo avuto, i nostri conti hanno dimostrato scambi di Bitcoin per $14.000 quando in realtà la Guardia di Finanza ci contestava scambi di Bitcoin per $77.000. Ragazzi, sono due cose molto diverse! Chiedevano: “ma l’origine di questi fondi dove sono?” Io poi dopo ho visto i report e ho detto: “guardate che voi avete sbagliato il tasso di cambio, avete fatto gli scambi ma non avete valorizzato il tasso di cambio del bitcoin in maniera corretta” e tornava il nostro e quindi, finito e si va avanti.
Andrea
È un po’ come dire, se io oggi acquistassi il token “Carlo Alberto” e lo mettessi sul mio hard wallet e poi stessi zitto perché tanto ho l’hard wallet, e poi questo fa 1000x, quando io voglio capitalizzarlo ti dicono “da dove salta fuori questo token? Dov’era?”
Avv. Micheli
Eh, dov’era? Devi dare eccessiva giustificazione, invece il monitoraggio costante negli anni anche delle chiavi private, aiuta. Perché poi quando te li vai a prendere non devi più giustificare nulla, figurano in dichiarazione. Poi alla fine l’agenzia delle Entrate con le istruzioni 2021 ci dice (in parole povere): “guarda, puoi fare anche un solo rigo di quadro RW, dove puoi confluire al suo interno operazioni della stessa natura”, quindi sostanzialmente significa che se io ho Binance, Coinbase, Kraken o chiave privata, io posso mettere anche un unico rigo. Non importa che ne faccia 4. Questo aiuta perché fa spendere meno.
L’agenzia ti dice: “però mi raccomando, quando poi fai l’RT, fai il calcolo giusto”. Della serie: “ti consento di fare un unico rigo in RW dove te mi dichiari il possesso di monete virtuali, poi però quando fai la RT mi raccomando, dovrai avere un report a supporto di quello che mi dichiari, perché poi io te lo chiedo”. Questa è la sostanza di quello che dicono, ed è effettivamente così, è successo effettivamente così, perché ora sono partiti i controlli e questo è quello che chiedono.
Le criptovalute vanno dichiarate
Avv. Micheli
A me fa un po’ sorridere chi dice che non c’è una legge che dice che le criptovalute vanno dichiarate. Questa è una stupidaggine …ragazzi è proprio una stupidaggine. Chi dice questo mente sapendo di mentire, oppure è ignorante perché non ci sono… Non è che per ogni attività che voi fate nella vita esiste una legge puntuale che la regolamenta, ok? La legge disciplina dei fenomeni, disciplina dei grandi genus nei quali noi inseriamo. e la prassi amministrativa inserisce, le cose.
Anche il Forex stesso. Io faccio spesso un parallelismo tra monete virtuali e Forex perché, a mio avviso, dovrebbero essere fatte uguale. Cioè, secondo me le monete virtuali non dovrebbero essere regolamentate come sono adesso, anzi non sono regolamentate ma disciplinate diciamo, come sono disciplinate adesso ma dovrebbe essere come è disciplinato il Forex, perché è più semplice per tutti. Però non è così. Però anche il Forex stesso ha avuto una sua evoluzione. Ci abbiamo messo 11 anni per capire come si come si fa, ok? Ci ha messo 11 anni l’Agenzia delle Entrate per dare un quadro pressoché definitivo. Ora siamo in grado di dire “il Forex si fa così, punto” però 11 anni.
Per le monete virtuali, la disciplina parte negli ultimi 3 anni, parte nel 2018 e io credo che cambierà e si aggiornerà (e secondo me diventerà come quella del Forex). Vediamo come concepirà il regolamento MiCa a livello comunitario, perché a livello comunitario le discussioni sono molto forti e vedremo. Insomma da lì poi nel momento in cui il regolamento MiCA comincia ad individuare la natura ecc., dopo è un attimo ad applicare la legge. Perché magari fa un regolamento che è direttamente applicabile negli Stati, perché se esce questo regolamento (il regolamento comunitario non ha bisogno di una legge di recepimento) è direttamente applicabile. Nel momento in cui il regolamento ci dicesse (faccio un esempio), “vengono trattate alla stregua di… Anche le monete virtuali vengono trattate alla stregua di strumenti finanziari”, automaticamente cambierebbe la regolamentazione. Si passerebbe da quello franchigia €51.000 ecc., a qualche comma prima che è quella del Forex per esempio. Dobbiamo stare sull’attenti.
Al momento abbiamo una disciplina, quindi dichiariamo: il possesso di monete virtuali in quadro RT se abbiamo monete virtuali per un valore superiore ai €51.000, le transazioni di prelievo che facciamo (l’agenzia vorrebbe anche scambio cripto-cripto e io non sono d’accordo), le tassiamo al 26%. Questa è la regolamentazione.
Andrea
Hai parlato di €51.000, insomma i 100 milioni di una volta. Ma questo riguarda la somma di tutto quello che abbiamo compreso anche l’eventuale conto Interactive Brokers che fa trading sul CME e non sulle cripto?
Avv. Micheli
No, no. Io l’interactive Brokers… Allora, Interactive Brokers e le piattaforme di trading hanno una loro disciplina e non è la disciplina di cui all’articolo 67 comma 1c-ter (se lo volete vedere) che è quello che disciplina le monete virtuali, il quale parla di conti in valuta estera complessivamente considerati. Sono fuori quelli lì, perché gli articoli dicono: “al di fuori del caso prima, al di fuori del caso prima, ecc.” ad un certo punto si arriva a quell’articolo lì e non ci rientrano cose classificate da altre parti.
Ad esempio, se io ho un conto in Svizzera, quello mi fa accumulo ai €51.000. Se io ho un conto negli Stati Uniti in dollari, quello mi fa accumulo. Se io ho eToro, non mi fa accumulo con la monete virtuali, non c’entra niente. Ha un’altra disciplina, pago altre imposte su quel conto lì. Pago altre imposte.
Andrea
Quindi, conto estero in valuta estera (dollari americani è il caso classico nel caso del trading, diciamo così) fa accumulo e quindi si somma quello e l’eventuale crypto per arrivare a 51.000. Invece il conto in euro messo da un’altra parte non riguarda.
Avv. Micheli
No, io valorizzo anche il conto in euro. Mi dispiace per tanti che dicono di no ma io valorizzo anche il conto in euro. Lo conto ai fini dei €51.000. Se hai un conto in euro in Spagna… Allora, Spagna è Unione Europea ed è altra cosa… ne possiamo parlare e dipende dai casi specifici. Se hai dei conti in euro all’estero, io li valorizzo nel valore complessivo perché ho trovato un articolo 67 commentato dove c’è tutta la spiegazione che io fornisco. Cioè, non vado mai a sensazione, al giudizio percettivo quando dico le cose. Comunque devo dire che i casi sono veramente rari di detentori di monete… Cioè non sono così tante le persone.. sì, può capitare che uno ha un conto in Spagna in euro ma sono pochi.
Lo scambio crypto vs. crypto fa cumulo?
Andrea
Un’altra cosa ci avevi accennato: il discorso crypto-crypto. Perché ho capito, io devo dichiarare in RT i soldi guadagnati (si spera) nel momento in cui scambio le crypto e le riporto poi in euro a casa. Però se io scambio Bitcoin con Ethereum questo non sembra che faccia alcun tipo di cumulo, dico bene?
Avv. Micheli
Esatto, io sono d’accordo con te. L’Agenzia delle Entrate nell’ultimo interpello scrive che ha assimilato anche al prelievo lo scambio crypto-crypto. Detto in confidenza, secondo me è una pura follia. È creazione del diritto da parte dell’Agenzia delle Entrate che non lo può fare. Cioè, secondo me non è possibile valorizzare quella cosa perché… lo spiego a più riprese. Innanzitutto che il contribuente sarebbe messo in condizione di effettuare dei calcoli veramente complessi con forti rischi di errore, e l’amministrazione stessa, per verificare la correttezza dei calcoli dovrebbe impiegare delle risorse che… Non è costituzionalmente fattibile questa cosa, perché la Costituzione parla di economia dell’azione amministrativa e l’articolo 10 dello Statuto dei contribuenti (che comunque si ergono a principi generali del diritto tributario) dice che non possiamo chiedere troppo ai contribuenti. Quindi questa cosa non tornerebbe.
Inoltre quando si va a tassare, noi tassiamo la capacità contributiva. Quindi tassiamo la capacità di potere d’acquisto acquisito dal contribuente, e la capacità contributiva deve essere effettiva, concreta e oggettivamente determinabile, dice la legge. Nello scambio Bitcoin-Ethereum non è né effettiva, né concreta, né oggettivamente determinabile. Quindi, ragazzi vi difendo io non tassate lo scambio crypto!
Andrea
È assurdo! Se io facessi 1000 scambi Bitcoin-Ethereum, faccio scalping, no?
Avv. Micheli
Ci sono chi ne fa milioni! Ci sono chi ne fa milioni!
Andrea
Ma io parto con 1 Bitcoin e arrivo a fine anno che ne ho 522, perché sono bravissimo. A quel punto, l’Agenzia mi dice: “ma quei 521 in più rispetto all’1 che tu hai dichiarato iniziando, da dove saltano fuori?
Avv. Micheli
Allora il “da dove saltano fuori” è una cosa, l’applicarci la tassazione è un’altra. Chiaro?
Andrea
E io ci pago le tasse quando ho fatto una plusvalenza.
Avv. Micheli
Io arrivo a questi 522 Bitcoin e applico la tassazione. Dovrei calcolare ogni transazione che ho fatto, che sono permute sostanzialmente, perché è una permuta e io cambio una crypto con un’altra crypto. Non faccio uno scambio come il trading, dove al titolo che corrisponde a un valore in euro io sostituiscono un altro titolo con valore in euro con valore di carico e scarico. E questa cosa qui lo dice la legge, non lo dice Carlo Alberto, e la legge delle crypto non dice questa cosa perché non sono strumenti finanziari.
Quindi io dovrei valorizzarlo ad ogni scambio e poi riportare i valori… Sarebbero dei calcoli assurdi, o comunque molto complessi, o comunque non garantiti dalle piattaforme che operano in questo settore. E soprattutto non sono strumenti finanziari, quindi perché dovrei calcolarli così? L’oppositore mio dice… No aspetta, ci arrivo prima. Se io valorizzo questi 521 Bitcoin, a quale valore poi li valorizzo? Al 31/12. Mettiamo caso che vale 30.000. Poi arrivo al 30 giugno dell’anno dopo che il bitcoin è crollato a diecimila pago delle tasse su un valore potenziale, non ha senso. Il mio oppositore direbbe, “eh ma anche sulle azioni è così, cioè te hai il rischio del gioco azionario” potrebbe dire un mio oppositore. Ma io ti dico ok, le azioni sono strumenti finanziari regolamentati, le crypto no.
Quindi perché devo applicare queste robe? Allora, io sono molto ferreo su questa cosa. Si colpisce la capacità contributiva, benissimo. Non si tassano le plusvalenze perché l’interpello non parla di tassazione delle plusvalenze crypto. L’ interpello parla, e la legge al comma 1c-ter dell’articolo 67, parla di prelievo dal wallet assimilato alla tassazione delle plusvalenze.
È una cosa molto diversa. Non ti dice “si paga il 26% sulle plusvalenze”, ma ti dice: “si paga il 26% sul prelievo dal wallet, il quale è assimilato alla tassazione delle plusvalenze”. Quindi quand’è che si ha prelievo dal wallet? Il concetto da tenere a mente è il prelievo. Non è lo scambio, ok? Il prelievo dal wallet si ha quando io dai miei wallet prendo e me li porto a me e diventano redditi reali, perché da 2 o 3 bitcoin diventano €100.000. Sul mio conto corrente ho incremento patrimoniale, espressione oggettiva e determinata di capacità contributiva al quale applico il 26%.
Andrea
Però mi hai messo un dubbio (magari terra terra) ma se io metto per assurdo 1 bitcoin… Io mando sul mio wallet €30.000 e ci compro 1 bitcoin dopo. A fine anno dico “io ho 1 bitcoin, l’ho preso, qui ci sono i 30.000 con cui ho fatto il bonifico” e poi dopo ho fatto tutti i vari passaggi e ho preso questo Bitcoin. Un anno dopo o 10 anni dopo prendo quel Bitcoin (che vale ancora 30.000) vendo e mi riporto i 30.000 a casa. Su quei 30.000 che è un prelievo a quel punto, non ci devo pagare le tasse.
Avv. Micheli
Però posso scaricare il costo di carico. Il primo costo di carico io lo scarico.
Andrea
Anche se era di 10 anni prima?
Avv. Micheli
Sì sì perché l’ho tutto monitorato l’ho tutto controllato…
Andrea
Ah quindi è un dubbio stupido…
Avv. Micheli
No, però non è stupido, perché io metto €50.000, compro un bitcoin, l’anno dopo vale €100.000, io prelevo €100.000, scarico €50.000 del costo di acquisto e calcolo il 26% sull’aumento patrimoniale.
Andrea
Quello era chiaro sì, sulla plusvalenza effettiva realizzata.
Avv. Micheli
Praticamente, l’interpello 788 dice ad un certo punto che lo scambio crypto-crypto è assimilato al prelievo dal wallet. Però lo dice senza alcun appiglio normativo. Lo dice perché…”Sì, è assimilato al prelievo dal wallet”. No, non basta… Cioè, perché? No a mio avviso. Ai miei clienti lo dico. Poi se lo vogliono fare, gli dico, voi fatelo. Io spiego tutte le ragioni per cui, a mio avviso, un’eventuale contestazione sulla tassazione dello scambio crypto-crypto non starebbe in piedi. Perché comunque c’è una cassazione importante che dice che i pareri, gli interpelli ecc. sono i comportamenti con i quali l’amministrazione finanziaria si comporterà, ma sulla base dei quali non si possono formare avvisi di accertamento, i quali potranno essere formati solamente in base alle leggi, e questo è fondamentale.
Quindi l’amministrazione finanziaria non potrà dire “non hai tassato lo scambio crypto-crypto perché io te l’avevo detto nell’interpello”. Non lo può fare. Ti dice: “Non hai tassato lo scambio crypto-crypto, hai violato quella norma e quindi…”. Ma io ti dico un segreto: quella norma non c’è. È Per quello che io ti dico “non lo facciamo”, perché quella norma non c’è. Mentre uno ti dice, ma non c’è neanche la norma sul prelievo… Non è vero! quella c’è, è l’articolo 67 comma 1 c-ter, quella c’è.
Andrea
Questi sono aspetti più fiscali che legali. Volendo sconfinare un attimo nel campo…
Donazione di criptovalute
Avv. Micheli
Eh no vabbé, è che ancora si parla di testi ambigui che è un aspetto legale.
Andrea
La principale natura è fiscale: quante tasse devo pagare, cosa devo dichiarare.
Avv. Micheli
Si, diciamo che è fiscale nel calcolo.
Andrea
Se uno ragionasse invece su aspetti “più banali” ma evidentemente più legali: la donazione di crypto: se io ho 100 Bitcoin e decido di regalarne 50 al fruttivendolo perché mi dà sempre le pere più fresche. Questa cosa qui va dichiarata? Non va dichiarata? È una donazione come se gli regalassi 100 milioni o cosa?
Avv. Micheli
È una donazione pura e ci vuole anche il notaio.
Andrea
Quindi non è che basta che trasferisco da wallet a wallet, e mando al suo indirizzo e poi lui si trova con questi…
Avv. Micheli
Lui si trova in un problema grossissimo perché l’antiriciclaggio gli dice “da dove proviene il denaro?”
Andrea
Esatto, e poi l’antiriciclaggio lo abbiamo un po’ trascurato finora.
Avv. Micheli
Potrebbero assimilarglielo a redditi d’impresa non dichiarati perché è quello che stanno facendo in questa fase. Soprattutto chi ha partita IVA e ha i Vitcoin deve fare attenzione a tutta la corretta catena di provenienza perché altrimenti li contestano come redditi non dichiarati. Voi fate conto che esiste una legge ben chiara dove dice che tutte le segnalazioni antiriciclaggio possono essere utilizzate ai fini fiscali per le verifiche sulle imposte sul reddito. C’è proprio scritto e ha ad oggetto le monete virtuali, è un decreto legislativo ultimo quindi, da questa roba non se ne esce.
Allora, la donazione a questo punto dipende da più fattori: se la donazione è di modico valore, e il “modico valore” lo si valuta sulla base del patrimonio del donante, e il rapporto che c’è fra il donante e il donatario. La donazione nel diritto è un atto unilaterale ricettizio, ossia vuol dire: “io decido per spirito di liberalità di darlo a te e te devi accettarla”. Non è un contratto, perché il contratto presuppone due prestazioni: io faccio qualcosa te e te fai qualcosa a me. Invece nella donazione io do a questo a te e fine. Però lo devi accettare.
Per poter donare (altrimenti la donazione sarebbe nulla) significa che io devo disporre di quella cosa. Se io devo disporre di 50 Bitcoin che voglio donare, io devo prelevarli per poterli donare. Quindi nel momento in cui io li prelevo dal mio wallet per trasferirli… ma te dici, “non è che li prelevo, li trasferisco direttamente”, è un prelievo dal mio verso il tuo. Nel momento in cui io prelevo, in quel momento, istante di prelievo, si verifica il fatto calcolatore. In quel momento io devo valorizzare il bitcoin in euro e il notaio fa questo. Io ho avuto l’opportunità di fare una donazione in Bitcoin di 1 milione da un notaio di Torino (di seguirla insomma) e viene valorizzato in quel momento il valore, e su quel valore il donante ci pagherà l’imposta al 26%, se è residente in Italia (se non è residente in Italia il donante non paga niente in Italia). Il ricevente beneficiario, se è un parente ha le franchigie di esclusione, perché se è tipo un figlio in linea diretta o un genitore c’è 1 milione e fino a 1 milione non paga nulla, poi paga il 4%. Se è il fruttivendolo, chi riceve quel valore deve pagare l’8%. Sono tutte imposte che si liquidano dal notaio. Quindi io e te andiamo dal notaio, tu mi dai 100 Bitcoin, tu l’anno dopo per quei 100 Bitcoin pagherai il 26% calcolato al valore del giorno di donazione, e io invece al notaio (essendoci il valore) pagherò l’8%. Perché? Perché questa è la legge… tu dirai “ma che roba! Ma che roba!” Questa è la legge sulle donazioni. Non è che siccome il protocollo di Satoshi Nakamoto ha detto che è tutta un’entità decentralizzata allora non si paga nulla.
Vi racconto una cosa molto seria, siete residenti in Italia: la legge non è Satoshi Nakamoto ma è l’ordinamento giuridico nostro. Quindi, questa è la donazione e la donazione è regolata così. Perché a volte mi dicono: “eh ma te vuoi far pagare le tasse” ma a me non me ne frega nulla! È la legge che dice questo. Non lo dico perché… anche se non siamo in live streaming, io vedo le facce, io vedo le facce, capito?
Andrea
È la nomea che ha il mondo crypto di essere un mondo parallelo senza… Non dico legami legali, ma senza quella tracciabilità classica…
Avv. Micheli
No, no, senza un ente centrale regolatore. Non c’è un ente centrale regolatore ma la tracciabilità è assoluta perché il protocollo è su rete distribuita accessibile a tutti. Chiunque si connette alla rete blockchain avendo gli indirizzi pubblici dei soggetti vede tutte le transazioni che questo ha fatto e farà. È di dominio pubblico quindi c’è tracciabilità massima nel momento in cui uno ha l’indirizzo. Uno potrebbe dire: “ma io non glielo dico l’indirizzo”, ma io vi garantisco che qualora vi sia una verifica fiscale, voi direte le cose. Perché non dirle è molto peggio.
Il mondo DeFi
Andrea
A tal proposito, nel mondo DeFi che è ulteriormente “schermato” da quello che si può vedere dal di fuori, le crypto che uno ha che non ha, sono proprio dei titoli al portatore, no? Cioè io ho le crypto, le ho nel mio wallet e vado e poi le porto da me e prendo i soldi perché faccio il cambio, faccio il prelievo. Ma nella DeFi non si vede questo. Quand’è che uno diventa effettivamente il proprietario di quel bene? Giuridicamente parlando. Quando rientro che lo dichiaro o…?
Avv. Micheli
Allora, il fatto che non si vedano non significa che non siano tuoi, punto numero 1. Il fatto di averli in DeFi o CeFi è indifferente. Sono io che li dichiaro. Infatti se poi dopo viene fuori che te non li hai dichiarati “eh, ma siccome erano in DeFi…” Che vuol dire? C’è l’obbligo dichiarativo.
La dichiarazione delle monete virtuali non è un’opzione. Non è che uno dice “Dichiaro o non dichiaro? Cosa mi conviene fare?” Non è un’opzione. Noi viviamo in uno stato che accerta l’obbligazione tributaria su base dichiarativa. Esistono due





