Guida ai termini chiave del Trading | Corso Trading per Principianti (3 di 6)

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Se ti stai avvicinando al mondo del trading, una delle prime difficoltà che potresti incontrare è il linguaggio.
Long, short, drawdown, stop loss… sembrano termini tecnici da addetti ai lavori, ma sono concetti fondamentali da conoscere sin da subito, soprattutto se vuoi costruire un percorso solido e consapevole.

In questo terzo episodio del suo mini-corso gratuito in 6 parti, Andrea Unger, unico trader al mondo ad aver vinto quattro volte il Campionato del Mondo di Trading, ti accompagna alla scoperta del vocabolario base del trading, spiegando con esempi pratici le parole che sentirai (e userai) più spesso.

Capire questi termini ti aiuta a evitare errori comuni e a prendere decisioni più consapevoli.

Ecco cosa imparerai in questo episodio:

  • Cosa vuol dire essere “long” o “short”
  • Cos’è il drawdown e perché è importante monitorarlo per gestire al meglio il rischio nel trading
  • Come funzionano stop loss, take profit, leva e margini

L’obiettivo non è semplificare la realtà, ma darti gli strumenti giusti per affrontare il trading con maggiore consapevolezza.

Buona visione!

Trascrizione

Ecco ragazzi, prima di andare avanti vi avevo accennato a termini in inglese o termini comunque complicati, giusto per fare una rapida carrellata, poi sulla guida trovate un po’ tutto scritto, è molto meglio.

Però diciamo che in generale ci sono dei termini che è necessario usare in lingua inglese perché fanno parte di questo mondo.

Anche voi la macchina la mettete in garage, non la mettete nell’auto rimessa, quindi accettate certi termini nel mondo in cui andrete a operare. Può essere bello o brutto, però è così.

Trading, Trade Long e Trade Short

Quindi innanzitutto il Trade. Trade fa parte di trading, ma il Trade è l’operazione, compra-vendita, banalmente.

È il commercio, però nessuno dice “Vado a commerciare sui mercati finanziari”, faccio trading sui mercati finanziari, si dice così insomma.

Poi ci sono, come dicevo prima, Long e Short, lungo e corto. In realtà Long e Short identificano la direzione in cui si intende operare sul mercato.

Long: compro nella speranza di vendere più alto. Short vendo, parto vendendo per ricomprare più basso.

Quindi identifica la visione che si ha del mercato e quindi l’operazione che si va a fare seguendo questa direzione che si ipotizza.

Si dice anche sono long, o toro, vi ricordate del toro di Wall Street? Il Toro identifica il mercato rialzista.

Sono short, sono orso. Orso identifica il mercato ribassista. Perché? Perché va beh il toro… insomma, lasciamo perdere. E questi sono altri due.

Drawdown e rischio nel Trading

Poi se parliamo delle metriche dei sistemi nel trading, uno parla di drawdown. Il drawdown è importante, è una brutta parola purtroppo, ma il drawdown è in pratica, considerato il proprio conto, si fa trading, cresce (si spera). A un certo punto arriva un massimo di guadagno e poi comincia, con una serie di operazioni in perdita, a scendere fino a un certo punto. Dopo di che risale e supera i massimi precedenti, questo ce lo auspichiamo tutti.

Ecco, quella massima escursione negativa che ha avuto dal massimo precedente fino al minimo raggiunto prima di tornare sopra ai nuovi massimi, ecco quello si chiama drawdown. È di quanto si è inabissato il conto in un certo momento.

E il valore percentuale di questa misura è un indice di tolleranza al rischio che si possa avere. Per dire: io posso sopportare un drawdown del 10%, posso sopportare un drawdown del 20%. Non sopravvalutate mai la vostra capacità di tolleranza del rischio, ve lo dico, perché io credevo di averne una e poi ho scoperto che la mia è molto inferiore a quella che ero convinto di avere.

Però, detto questo, è una misura anche di bontà di una strategia. La strategia che fa il 100% all’anno ma con l’80% di drawdown, insomma, abbiate pazienza, a me non piace.

Perché io penso ai rischi e quindi penso al drawdown, la parte negativa. Il novizio magari pensa al guadagno, eh, 100% vado subito. Sì, però quando arrivi a quell’80% di drawdown, che mal di pancia avevi? Perché poi non ci sono garanzie in questo mondo, quindi nessuno ci garantisce che dopo che è sceso dell’80% risalirà per poi fare quel 100% iniziale che era sulla carta.

Per cui attenzione, non sottovalutate certe cose e ricordatevi questa brutta parola, il drawdown, perché è brutta, ma c’è ed è quanto mai presente in tutto il mondo, sia degli investimenti che del trading.

Leva (leverage)

Poi abbiamo parlato prima di leva, la leva o leverage, però leva si dice in italiano, ed è appunto il potere amplificatore del proprio capitale su certi mercati.

Vado a leva, vado a leva 30, vuol dire che io ho il mio capitale ma lo uso per 30 volte tanto. Leva utilissima per lavorare in maniera puntuale su tanti mercati, diversificare, ottimizzare le proprie risorse, pericolosissima se se ne fa un uso scriteriato perché, come dicevo prima, invece di andare a 20 all’ora, si va a 100, a 150 all’ora. E ovviamente capite voi subito con questa analogia che i rischi aumentano a dismisura.

Se siete bravi piloti, potete andare a 150 all’ora, non andreste però in centro città a 150, quindi tutto va contestualizzato. La leva, la possibilità di aumentare la potenza del motore, è utile ma è estremamente pericolosa se non usata con la dovuta cautela.

Margini

Poi c’è il discorso della marginazione, i margini. I margini sono praticamente, anche sull’azionario, ma soprattutto sui derivati, quanto il broker, il nostro gestore, ci chiede di avere sul conto per aprire una determinata posizione.

Lui ragiona così, dice: Tu vuoi aprire una posizione sul future del petrolio? Va bene, però un contratto deve avere 5.000€ sul conto. Dico un numero a caso, non so i numeri veri.

Perché? Perché lui stima, in base a come si sta muovendo il petrolio in quel periodo, che io con quel contratto abbia dei rischi se ho meno soldi, perché i movimenti potrebbero eccedere la mia disponibilità, perdere più di quello che ho, no?

E quindi quando c’è molta turbolenza sui mercati, questi margini aumentano anche. Il broker chiede più soldi perché vuole più garanzie. E dice: Sì, tu vuoi questo, ma hai i soldi per…?

Non dico che sia tipo la caparra dell’hotel quando prenotate, la garanzia, però è simile, nel senso che almeno siamo sicuri che tu hai i soldi per stare tranquillo finché io al limite non intervengo e ti dico basta, basta, ridammi quello che hai preso perché non va bene.

Quindi il margine è quello che chiede il broker per permetterci di aprire l’operazione. Quelli che chiedono margini bassi sono quelli che offrono maggiori opportunità, ma sono anche quelli più pericolosi, è un po’ come il discorso della leva, ci permettono una maggior leva perché io, se uno mi chiede 5.000 e io ho 5.000 posso usare un contratto, se un altro mi chiede 500, io ne posso usare 10.

Capite però che la proporzione è ovviamente indebita e i margini partono addirittura, sui mercati regolamentati, dal mercato stesso. È il mercato stesso che chiede una certa garanzia. Poi il broker che è in mezzo può aumentarla, in certi casi la diminuisce, facendosi lui il garante di mettere i soldi nel caso.

Però attenzione, perché non è da lì che dovete partire a giudicare la bontà del broker che sceglierete, perché sceglietelo in base alle garanzie di solidità, di serietà, ma non perché è quello che vi offre condizioni migliori, perché c’è il rischio di trovarsi poi in cattive acque.

Stop Loss e Take Profit nel Trading

Quindi abbiamo visto il drawdown. Un’altra brutta parola nel mondo del trading è stop loss. Stop loss è brutta ma è bellissima. Cioè, bellissima, di fa per dire, vabbè.

Stop loss è il livello a cui si decide di chiudere una posizione in perdita. Stop loss, ferma perdita. Io lì smetto di perdere perché esco.

Compro a 10, dico “sì, però io sotto nove ho capito che è tutto sbagliato, esco”. Avevo comprato 1000 azioni a 10, se esco a nove perderò 1000 euro. Ok, 1000 euro me lo posso permettere? Sì, perché io ho 100.000 euro, quindi 1000 euro non mi cambia tantissimo lo stato del conto.

Perfetto, allora faccio l’operazione con 1000. Lo stop loss lo imposto a nove. Se scende fino a nove io chiudo l’operazione. Mi prendo la perdita, la contabilizzo, sono scontento perché ho perso, però ho limitato la possibilità di perdere di quella operazione.

Perché le grosse rovine, ricordatevelo, vengono sempre dalla tecnica del “aspetta e spera”, “tanto poi risale”. Ecco, non è quello il modo di operare, quello è un azzardo, un gioco d’azzardo, una scommessa, non è quello il modo di lavorare.

Tante volte si fanno questi errori, si compra, si spera, si leggono le notizie sperando di leggere la notizia che ci fa sperare di più, però ci vuole un piano preimpostato sul mercato per dire “io qui entro, se va male qua esco, basta”.

Alle volte poi risale, da nove va su fino a 50. Ho sbagliato, però ho sbagliato il piano. Non ho sbagliato l’operazione, perché sono stato ligio a seguire le regole.

Stop loss, brutta parola, però quanto mai attuale e quanto mai importante nel mondo del trading.

Il lato negativo, o positivo a seconda dei casi, l’opposto dello stop loss è il take profit. Il take profit è “prendi profitto”, è il livello a cui decido di chiudere l’operazione prendendo un certo profitto.

Ora, si è tanto parlato se serva, se non serva, però diciamo che in certe tecniche il take profit è giusto perché, se si aspetta che il mercato faccia dei movimenti ciclici, e quindi più di qua non credo che arrivi, io lì allora esco.

Dieci, compro 10, esco a nove se va male, però a 12 chiudo se va bene. Non credo che possa andare a più di 12, non credo in base al mio piano. Ecco, quello è il take profit. Prendi il profitto e porta a casa.

Ce ne sono tante altre. Queste sono le principali parole che dovreste comunque avere mente e cercare di capire come poi all’atto pratico servano nella vostra operatività.

Per oggi è tutto, ci vediamo nel prossimo video di questo mini-corso. Non mancate!

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