Crypto e finanza tradizionale si uniscono: Scopri il nuovo trend della Tokenizzazione!

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Negli ultimi mesi, diverse grandi istituzioni finanziarie hanno iniziato a sviluppare strumenti finanziari ibridi che uniscono il mondo delle criptovalute a quello della finanza tradizionale.

Un esempio rilevante è quello di Standard & Poor’s, che ha recentemente annunciato un indice ibrido composto da 15 criptovalute e 45 azioni legate al mondo blockchain. Anche BlackRock, il colosso della gestione patrimoniale, ha fatto un passo deciso in questa direzione con il progetto BUIDL.

Questi strumenti innovativi rappresentano una nuova fase nel grande trend della tokenizzazione degli asset reali (Real World Assets), come oro, immobili, obbligazioni e altri asset tradizionali.

Ma cosa significa tutto questo per noi trader? Cosa cambia per chi opera sui mercati?

E quali opportunità possono offrire questi nuovi strumenti ibridi?

Se vuoi approfondire il tema e scoprire caratteristiche, potenzialità e limiti della tokenizzazione, guarda subito il video qui sotto.

Buona visione e buon trading!

Trascrizione

Introduzione

Hai mai sentito parlare di indici che combinano criptovalute e azioni nello stesso paniere? Fino a poco tempo fa sembrava pura fantascienza.

E invece oggi realtà come Standard & Poor’s, BlackRock o Franklin Templeton stanno introducendo strumenti finanziari ibridi che uniscono la solidità della finanza tradizionale con l’innovazione del mondo cripto.

Ma cosa significa davvero questa convergenza? E soprattutto, può essere un’opportunità per chi come noi fa trading sistematico?

Oggi lo scopriremo insieme, partendo da quello che è il macro-trend di cui questi strumenti ibridi fanno parte, ovvero la tokenizzazione dei Real World Asset.

Cos’è la tokenizzazione dei Real World Asset

Negli ultimi anni infatti è esploso questo fenomeno chiamato Real World Asset, abbreviato in RWA, in pratica si tratta di beni reali, come obbligazioni, immobili, oro o fondi monetari che vengono rappresentati digitalmente sulla blockchain.

Questo passaggio, ovvero la loro tokenizzazione, consiste appunto nel trasformare questi asset tradizionali in token digitali, più facili da scambiare, frazionare e monitorare in tempo reale. Il risultato? Più liquidità, più accesso, più trasparenza.

Secondo Boston Consulting Group, per esempio, entro il 2030 il valore degli asset tokenizzati potrebbe superare i 10 miliardi di dollari.

E in questo enorme ecosistema digitale gli strumenti ibridi, come gli indici e fondi che mescolano cripto e azioni, sono solo la punta dell’iceberg.

Le grandi istituzioni puntano su nuovi strumenti finanziari

Questo trend infatti non è più solo teorico, ma le grandi istituzioni si stanno muovendo un po’ tutte.

BlackRock, per esempio, ha lanciato BUIDL, il suo primo fondo tokenizzato su blockchain pubblica, mentre Franklin Templeton ha portato on chain un Money Market Fund e continua ad espandere la propria offerta.

La Standard & Poor’s poi ha annunciato un indice ibrido che unisce 15 criptovalute e 35 azioni dell’economia digitale collegate quindi al mondo delle cripto.

Tutto questo è la prova che la finanza tradizionale e quella delle cripto non si stanno più ignorando o combattendo, ma stanno collaborando per costruire il futuro dei mercati finanziari.

A ulteriore riprova di questo vi riporto un aneddoto particolare. Il nome del fondo di BlackRock, ovvero BUIDL, non è casuale perché si tratta di un termine diventato sempre più popolare all’interno delle community cripto.

Si tratta infatti di un errore di battitura nello scrivere la parola build, che è diventato ormai il simbolo di uno dei movimenti principali all’interno delle comunità e del mondo cripto.

Vuole infatti invitare gli individui ad andare oltre il semplice investimento passivo nelle cripto, ma ad impegnarsi attivamente nello sviluppo e nel miglioramento dell’ecosistema blockchain in generale.

Cosa sono gli strumenti ibridi?

Ma tornando a noi, cosa intendiamo davvero per strumenti ibridi?

Sono prodotti finanziari che combinano asset digitali e asset tradizionali.

Un esempio è proprio l’indice di Standard & Poor’s ibrido di cui parlavamo, ovvero un paniere che include Bitcoin, Ethereum e altre criptovalute, oltre ad azioni legate alla tecnologia blockchain.

Ma ci sono anche fondi tokenizzati, ovvero classici fondi, le cui quote esistono però anche come token su blockchain pubbliche, quindi trasferibili e frazionabili in tempo reale.

In pratica, la tokenizzazione digitalizza la finanza reale, rendendola più efficiente, accessibile e trasparente. Ma veniamo al punto che forse ci interessa di più.

Cosa cambia per chi fa trading?

Cosa cambia per chi fa trading sistematico come noi? Potenzialmente molto.

Un indice ibrido può essere trattato come un singolo asset su cui applicare strategie, più o meno classiche. Possiamo pensare ai classici trend-following, mean reverting, risk parity e quant’altro, ma la presenza di asset così diversi all’interno dello stesso strumento, come cripto e azioni, li rende di fatto degli strumenti completamente nuovi che aprono a un mondo di opportunità da scoprire e testare.

Inoltre, la tokenizzazione espande l’operatività a 24 ore su 24, 7 giorni su 7, proprio come nel mondo delle criptovalute, e permette di costruire modelli quantitativi basati su dati più continui senza le introduzioni dei classici mercati tradizionali durante la chiusura delle sessioni.

E non solo: quando il prezzo del token di un fondo si discosta dal suo valore reale, cosiddetto NAV, un algoritmo potrebbe magari sfruttare queste micro differenze per creare strategie di arbitraggio statistico.

Questa potrebbe essere un’altra possibilità. È potenzialmente quindi un laboratorio perfetto per chi vuole testare modelli automatici su mercati nuovi, con più dati, più frequenza e nuove correlazioni da esplorare.

Limiti e accorgimenti

Ma ovviamente ci sono anche dei limiti. Oggi, chiaramente, siamo agli albori e molti dei fondi tokenizzati sono riservati esclusivamente agli investitori qualificati.

E le normative poi, sia in Europa che negli Stati Uniti, sono ancora in evoluzione.

C’è poi il rischio di tracking error, quindi, come dicevamo, la differenza fra il prezzo del token e quello dell’asset reale piuttosto che liquidità limitata, oltre ai classici rischi legati alla componente cripto, come la volatilità magari più elevata rispetto agli strumenti tradizionali.

Ma per un trader sistematico tutto questo si racchiude sempre in un punto chiave, ovvero gestione del rischio.

Servirà disciplina, modelli robusti e magari accorgimenti come gli stop loss dinamici, tanto per fare un esempio, per adattarsi ai cambiamenti di regime di mercato che questi strumenti potranno vivere, un po’ come facciamo solitamente su tutti gli altri strumenti che utilizziamo.

Considerazioni finali

In definitiva, la fusione fra finanza tradizionale e cripto è solo all’inizio, ma sta già riscrivendo le regole del gioco. Per chi usa un approccio sistematico come noi è sicuramente una nuova frontiera.

Più dati, più strumenti, più opportunità di innovare e sviluppare qualcosa di nuovo.

E tu cosa ne pensi di questi strumenti ibridi? Vorresti approfondire l’argomento? Scrivicelo nei commenti e ci vediamo al prossimo video.

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